Al Sindaco del Comune di Gardone Valtrompia
MOZIONE PER
L'ACQUA BENE COMUNE
Premesso che:
-
l’acqua rappresenta una fonte di vita
insostituibile per gli ecosistemi, dalla cui disponibilità dipende il futuro
degli esseri viventi;
-
l’acqua costituisce un bene comune dell’umanità,
universale, pubblico, quindi indisponibile all’investimento privato, che
appartiene e deve essere egualmente accessibile a tutti;
-
il diritto all’acqua è un diritto inalienabile;
l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì configurandosi come bene
condiviso equamente da tutti; l’accesso all’acqua deve essere garantito a tutti
come un servizio pubblico;
-
l’accesso all’acqua, sia alla luce dell’attuale
nuovo quadro legislativo che più in prospettiva, se non affrontato democraticamente,
secondo principi di equità, giustizia e rispetto per l’ambiente,
rappresenta:
- una
causa scatenante di tensione e conflitti all’interno della comunità
internazionale;
- una vera
emergenza democratica ed un terreno obbligato per autentici percorsi di pace,
sia a livello territoriale che a livello nazionale ed internazionale.
VISTI
-
i Referendum abrogativi del 12 e 13 Giugno 2011 -
che hanno disposto tanto la possibilità di affidare in house i servizi pubblici locali, quanto l’abolizione del reintegro
del capitale investito dal Gestore privato nei sistemi comunali di Sistema
idrico integrato (S.I.I.) - illegittimamente mai recepiti tramite Legge, stando
al Parere del Consiglio di Stato, Sez. II, emesso il 19/12/2012 (Numero
00267/2013, pubblicato il 25/01/2013), il quale sostiene che “il D.M. 1° agosto
1996, limitatamente alla parte in cui considera il criterio dell’adeguatezza
della remunerazione dell’investimento, ha avuto applicazione nel periodo
compreso tra il 21 luglio e il 31 dicembre 2011 in contrasto con gli effetti
del referendum del 12 e 13 giugno del 2011”;
-
che il 12 e 13 giugno 2011 la maggioranza
assoluta del popolo italiano, votando “Sì” ai quesiti referendari relativi alla
gestione del servizio idrico con i quali si proponeva di sottrarre la gestione
dell’acqua alla logica del mercato e del profitto, ha determinato l'abrogazione
sia dell'articolo 23bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito
con la legge 6 agosto 2008, n.133 e successive modificazioni e integrazioni,
sia del comma 1 dell'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152;
CONSIDERATO
CHE
a) l'Europa
ha fornito indicazioni relativamente al servizio idrico integrato in diverse
risoluzioni e direttive:
- la
risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2004 già affermava, al punto H
paragrafo 3, che “[il Parlamento europeo] respinge i tentativi di fare
disciplinare le acque e i servizi di smaltimento dei rifiuti da una direttiva
settoriale del mercato unico; ritiene che non si dovrebbe realizzare la liberalizzazione
dell’approvvigionamento idrico (compreso lo smaltimento delle acque reflue) in
vista delle caratteristiche spiccatamente regionali del settore e delle
responsabilità a livello locale in materia di approvvigionamento di acque
potabili e di vari altri aspetti relativi all’acqua potabile; chiede tuttavia,
senza arrivare alla liberalizzazione, che l’approvvigionamento idrico venga
“ammodernato” secondo principi economici, standard qualitativi e ambientali e
requisiti di efficienza”; e sottolineando, al paragrafo 5, che “essendo l’acqua
un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere
assoggettata alle norme del mercato interno”;
- la
risoluzione del Parlamento Europeo del 15 marzo 2006 dichiara “l’acqua come un
bene comune dell’umanità”; chiede che siano esplicati tutti gli sforzi
necessari a garantire l’accesso all’acqua alle popolazioni più povere; insiste
affinché “la gestione delle risorse idriche si basi su un’impostazione
partecipativa e integrata, che coinvolga gli utenti e i responsabili
decisionali nella definizione delle politiche in materia di acqua, a livello
locale e in modo democratico”. Nella stessa si chiede inoltre alla Commissione
e al Consiglio di riconoscere il ruolo fondamentale delle autorità locali nella
protezione e nella gestione dell’acqua e deplora che le competenze,
l’esperienza e le risorse delle collettività locali non vengano
sufficientemente sfruttate dai programmi di finanziamento europeo.
- Gli stessi
organi della UE hanno più volte affermato il principio che l’acqua è un “bene
comune dell’umanità” e sottolineato che alcune categorie di servizi non sono
sottoposte al principio comunitario della concorrenza; si veda ad esempio la
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo COM (2004) 374: “… le
autorità pubbliche competenti (Stato, Regioni, Comuni) sono libere di decidere
se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare
tale compito a un altro ente (pubblico o privato)”; è peraltro noto che non
esiste alcuna norma europea che sancisce l’obbligo per le imprese pubbliche di
trasformarsi in società private.
b) La Costituzione Italiana, all’art. 117
riconosce che la gestione dei servizi locali è di competenza delle Regioni e
dei Comuni, e che pertanto gli Enti Locali debbono in autonomia scegliere le
modalità di fornitura dei servizi alla persona in piena legittimità e coerenza
con le vigenti Direttive Europee sui servizi pubblici locali, difendendo il
principio del servizio di interesse generale e in ottemperanza a criteri di
economicità, qualità e diritto all’accesso del servizio; all’art. 3 stabilisce
che: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana […] “.
c) Anche Papa Francesco, attraverso l’Enciclica
“Laudato sì” al punto 30, ha dichiarato: “Mentre la qualità dell’acqua
disponibile peggiora costantemente, in alcuni luoghi avanza la tendenza a
privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi
del mercato. In realtà, l’accesso all’acqua potabile e sicura è un
diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la
sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli
altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale
verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa
negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità.[…]”.
d) Il TUEL (D.Lgs. n. 267/2000 e succ. mod.) ha
regolamentato le forme di gestione dei servizi pubblici dividendoli in due
gruppi: quelli a rilevanza economica e quelli non a rilevanza economica, i
primi regolamentati dall’art. 113 e che rientrano nei principi della libera
concorrenza stabiliti dal diritto dell’Unione, i secondi regolamentati
dall’art. 113/bis, fuori dalla specifica normativa UE;
e) L'ONU, con Risoluzione dell'Assemblea Generale
del 28 luglio 2010, GA/10967, dichiara il diritto all'acqua un diritto umano
universale e fondamentale e che tale
risoluzione sottolinea ripetutamente che l'acqua potabile e per uso igienico,
oltre ad essere un diritto di ogni uomo, concerne la dignità della persona, è
essenziale al pieno godimento della vita, ed è fondamentale per tutti gli altri
diritti umani e raccomanda agli Stati di attuare iniziative per garantire a
tutti un'acqua potabile di qualità, accessibile, a prezzi economici;
SI CHIEDE AL
SINDACO E ALLA GIUNTA COMUNALE L’IMPEGNO A:
- considerare
fra i principi orientativi della propria azione il Diritto umano all’acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto
universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell’acqua come bene comune
pubblico”;
- confermare
il principio della proprietà e gestione
pubblica del servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali e
sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e
costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà e
socialità.
- assicurare
ai propri abitanti, attraverso strumenti compatibili con la normativa vigente,
il diritto alla disponibilità di un quantitativo minimo vitale giornaliero per
persona, pari ad almeno 50 litri;
Gardone Val Trompia, 21/12/2015
IL CONSIGLIERE COMUNALE
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